La leva di massa

Purtroppo il benessere derivante dall’inizio di tanti lavori in Valle si dimostrò cosa effimera. Infatti nel 1914 avevo 10 anni. Il 28 giugno fu ucciso l’arciduca Ferdinando e scoppiò la guerra fra l’Austria e la Serbia (Emilio Maraner).

Le conseguenze si fecero sentire immediatamente anche in Vallarsa. Nella notte del primo agosto sono venuti a requisire tutti i muli che c’erano nelle stalle e che servivano ai “careteri”. Questo fatto ci impressionò tutti perché si pensò subito che sarebbe successo qualche cosa di grave (Oliva Martini).

In effetti il primo agosto era sagra a S. Anna e tutti ballavano allegramente quando arrivarono i gendarmi con la notizia che tutti gli uomini che avevano prestato servizio con l’Austria fino all’età di 42 anni, dovevano consegnarsi. L’Austria aveva così tutti quelli che erano sotto per l’attivo e tutti quelli abili fino ai 42 anni. Man mano che si andava avanti vennero arruolati: quelli di 20 anni, poi quelli dai 21 anni fino ai 32 anni che erano stati scartati, poi quelli dai 32 anni fino ai 40 anni che erano stati scartati, poi quelli di 19 anni…(Albino Aste).

Frequentemente la chiamata alle armi veniva ad interrompere l’usuale lavoro dei campi. Sono partito il primo agosto. Eravamo sul Stauda a falciare il fieno quando venne mia sorella Beppina a chiamare me e mio fratello Giovanni perché era arrivato l’ordine di partire militari. Quando siamo scesi dal prato, davanti all’osteria degli Angheben, abbiamo trovato don Riccardo e mio papà. “Svelto Mario – disse – mangia che poi vai a Raossi che ti daranno un forino”. Di ritorno da Raossi mio papà ci ha chiamati in una stanza, ci ha detto qualcosa e ci ha dato la benedizione. Alla sera siamo andati in chiesa. A mezzanotte siamo partiti (Mario Rippa).

La partenza avvenne in un giustificato clima di commozione. A vederli partire, a piedi, verso Rovereto, i familiari si attaccavano a loro seguendoli finché potevano. Io non ho seguito mio fratello: mi sono seduta su un sasso e non sono stata capace di muovermi (Oliva Martini). Molti, infatti, non sarebbero più tornati.Eravamo in tanti a partire e quando fummo a Rovereto, in piazza delle Erbe, salutai mio fratello Giovanni e non lo vidi più (Mario Rippa).

La difesa della Valle rimase affidata a scarse forze: a Raossi operava la gendarmeria formata da due gendarmi comandati da Brocchetti. Quando la Vallarsa divenne zona di guerra si scelsero altri 15 uomini chiamati assistenti della gendarmeria (Albino Aste). C’erano gli “stanzizeri” corpo locale formato dai giovani dai 16 ai 18 anni e da anziani volontari e d’obbligo, da quelli che per qualche motivo erano stati esonerati dal servizio di leva. Portavano un cappello nero con piume e un vestito grigio. Il capo era Rossaro Eugenio con il grado di colonnello. Il giorno di S. Giuseppe, festa dell’imperatore, gli “stanzizeri” andavano sullo Zugna e con quelli di Trambileno “facevano le tattiche” di guerra. Poi scendevano ad Anghebeni e sotto la baracca, vicino alla casa del Guglielmo, veniva distribuito il rancio. Mi ricordo che noi ragazzi si correva là per “veder de ciapar qual’cosa” (Emilio Maraner.). Inoltre andavano alle feste come quella del Corpus Domini in Parrocchia. Sparavano a salve durante la Messa al momento del vangelo e dell’elevazione e durante la processione ad ogni capitello. Per burla si erano anche fatti un cannone di legno (Maria Martini).

Pur nella tragicità della situazione non mancavano i personaggi curiosi. “El vecio Checata”, che era stato un soldato di Radetzky nel ’48, quando le cose con l’Italia si misero male si presentò volontario per fare la guerra contro i “taliani”. Aveva 80 anni, la barba bianca, era piccolo e minuto. A forza di insistere fu arruolato, gli diedero un fucile e gli assegnarono di fare la guardia fra Raossi e il ponte sul Rio Piazza. Andava avanti e indietro tutto il giorno con il fucile a tracolla, che essendo più grande di lui toccava per terra (Giuseppe Gios).